LOTTO MARZO TUTTI I GIORNI
Anche a Belluno ieri, l’8 di marzo, giornata internazionale della donna, è stato lotto marzo: come in centinaia di piazze italiane, e in migliaia di piazze nel mondo, le donne hanno dato visibilità al proprio corpo dopo avere (chi ha potuto) incrociato le braccia per un giorno, dal lavoro salariato e da quello ben meno visibile della cura. Era stato proclamato infatti, in oltre cinquanta paesi nel mondo, lo sciopero globale delle donne.In Italia, sull’onda di quello che era nato in Argentina (ni una menos: http://niunamenos.com.ar) si è formato lo scorso ottobre il movimento Non una di meno, che aveva già fatto scendere in piazza oltre duecentomila persone a novembre, nella giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne. Lo stesso movimento, una rete di migliaia di persone che pensano e operano in luoghi e ambiti distinti e distanti, ha redatto in maniera auto organizzata e dal basso, in pochi mesi, un piano da presentare al governo per l’eliminazione della violenza di genere: otto punti per lotto marzo. (Qui per ascoltarveli in forma di rap: https://www.youtube.com/watch?v=qQhcsOxahd4).
Anche a Belluno è nata, qualche settimana fa, una rete Non una di meno bellunese.
Su invito delle Suffrangette, gruppo costituitosi all’interno di Casa dei Beni Comuni, una quarantina di persone si sono incontrate per dare vita a un gruppo, il cui obiettivo è riportare all’attenzione del territorio, di chi lo abita e di chi lo amministra, che cosa sia realmente la violenza di genere, in quali ambiti e modi si manifesti. Soprattutto, l’obiettivo è quello di proporre buone pratiche e mantenere costante l’attenzione, poiché i diritti se restano solo sulla carta non servono a nulla. Ancora, come è accaduto a livello nazionale, l’idea è di farlo dal basso, mettendo insieme contenuti, esperienze, saperi, spazi, evitando ogni tipo di cristallizzazione istituzionale.
Così è andata ieri.
Centinaia di persone si sono ritrovate in piazza dei Martiri, le guance colorate di rosa, gli sguardi attenti e le orecchie dritte, ad ascoltare gli otto punti nazionali declinati sul territorio.
Che cosa significa violenza di genere nel territorio bellunese nel 2017? Lo hanno raccontato otto voci diverse (alcune doppie, in dialogo) portando la propria esperienza di lavoro, di vita, di inchiesta sociale, i propri desideri. Lo hanno fatto molte donne, dalla sindacalista alla sindaca all’insegnante, ma anche uomini, perché questa è una battaglia che (ci) riguarda tutti.
Sono state raccontate piccole lotte quotidiane, quelle della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, specie per chi è mamma, ancor più se straniera, quelle spesso invisibili contro l’assenza di welfare, in situazioni di precarietà lavorativa e di reddito, i numeri lampanti del lavoro svolto dal centro antiviolenza, le difficoltà dei territori isolati, delle strutture che chiudono, degli spazi di mutualismo da difendere con i denti. Si è parlato di rivendicazioni pratiche e di un lavoro culturale da fare (e che se fatto dà ottimi frutti) a partire dalla scuola. Si è ascoltato, in silenzio e con commozione, il racconto terribile di un aborto. Ben diverso dal leggere “la 194 è una legge disattesa”.
Perché questa è forse la peculiarità della violenza di genere. Si esprime in maniere estremamente silenziose, intrecciate a vissuti indicibili, si nasconde all’ombra della vergogna e di dolori personali.
Eppure, ce lo dice il femminismo, il personale è politico. Lo riconosco, però, solo se ho la possibilità di parlarne, confrontarmi, provare a uscirne insieme.
Questo è quello che sta cominciando a fare la rete Non una di meno bellunese.
Il lavoro è appena cominciato.
L’appuntamento a fine serata è stato dato per sabato 25 marzo alle ore 16, alla Casa Dei Beni Comuni a Belluno per riprendere il dialogo su questi e altri temi.