FOSSILI
Di Piergiorgio Svaluto Moreolo
Per essere un disco undergruond si è scritto già davvero molto; il che altro non fa che porre un ulteriore accento sul carattere autoreferenziale e autofagocitante della scena “indipendente” italiana, o meglio di chi ci sta attorno. Di chi si nutre di cadaveri. Ecco allora il quinto disco, la svolta hard rock, la produzione aggressiva di Giulio Favero, le interviste posticce, loro che si trovano a proprio agio nel ruolo degli stronzi, Giovanni Succi con la puzza sotto al naso e Bruno Dorella con la puzza addosso.
Ma questo importa parecchio a poco, a noi no. Qui c’è un disco, un lavoro musicale interessante, di notevole livello.
Si è detto di una certa svolta, essa è duplice: sostanziale e di riflesso nella forma dell’espressione. Credo che nell’approcciarsi ai Bachi da Pietra si debba partire dalle parole, questo disco è più arcigno perché i testi mantengono solo liminarmente quella tensione ermetica che li ha pervasi precedentemente a “Quintale”- ciò garantisce solo marginalmente una maggiore chiarezza di espressione: il potere evocativo è potentissimo e anche quando si parla di ciò che si sa, lo si fa per enigmi. La chiarezza dell’enigma: “non lo sanno sommacal, pilia e vittoria, lo sapeva emidio ma non ha più memoria!”
L’enigma del mondo, all’interno del quale siamo esiliati come insetti costretti a scorgere ciò che abbiamo di fronte solo da una fessura, l’aperto dell’orizzonte ci fa fessi. Oppure lo sguardo si fa quello dell’entomologo, oppure quello del coleottero, quello del cattivo debitore, di nuovo un insetto biblico: Paolo il tarlo, “generato non creato della stessa sostanza del silicio e del guano”, così anche la divinità abita il sottosuolo, il sangue, lo sterco e i mari lontani sono solo quelli di un’ Haiti martoriata dalla natura o da dio: deus sive natura?
Quintale dei Bachi da Pietra esplicita tutta la gamma del divenire-animale di deleuziana memoria, ecco che anche le sonorità divengono animali, ma non in vita, quanto fossili- oltre la decomposizione vi è il divenire minerale, il farsi pietra dell’insetto preistorico, reperto di un’archeologia post umana, marcia ottonaria di questo trapasso.