BELLUNO, LOTTA AL DEGRADO!
“W le vecchie maniere, questo Pongo,da prenderlo e mandarlo in legione straniera, e poi mandarlo in Africa per 6 mesi, e vedi un po come cambia, alcuni ragazzi di oggi sono senza ideali, e non hanno rispetto per persone e cose.”
“Meglio un marciapiede pieno di cacche di cane, piuttosto che il grigiore del marciapiede…”
“Ciao XXXXXXX, per la signora ci vorrebbe una visita a sorpresa tipo arancia meccanica, per il bambino 12 mesi di Naja brutalis a San Candido, le denunce non servono, tanto Belluno è piccola, prima o dopo i topi cadono nella trappola….”
(Alcuni commenti apparsi su fb da parte di alcuni dei protagonisti del dibattito social di questi giorni)
Evidentemente gli sforzi non sono mai abbastanza e il lavoro è ancora lungo, ma noi non siamo gente che si perde d’animo. Questo il primo pensiero condiviso dopo questa settimana di sbornia mediatica a tema “degrado” e writing, un dibattito nato dagli ultimi tag-tour fatti durante le feste da qualche giovane nel centro cittadino, che hanno dato un po di carne da mettere al fuoco a giornalisti forse un po stanchi dei cenoni e qualche nuovo protagonista del debole dibattito pubblico bellunese, che evidentemente sta scaldando i motori in vista della prossima tornata elettorale del 2017.
Una discussione pubblica e soprattutto social che subito si è trasformata in qualcosa di molto simile a quello che succede con il tema immigrazione, una radicalizzazione del dibattito totalmente avulsa dalla realtà infarcita di retorica e piena di luoghi comuni, per questo crediamo sia necessario provare a riportare il dibattito su un terreno a noi più congeniale, che ha a che fare con la visione di questo territorio.
Partiamo da una banale constatazione, a Belluno effettivamente abbiamo un problema con i writers, ma è un problema culturale, non penale, almeno secondo il nostro punto di vista. E’ chiaro che rispetto alla “golden age” del writing bellunese, dove sui muri oltre ad un po di tags si potevano vedere i pezzi di Erikailcane, Rekal, Booka, Snail, la BSO e altre decine di street artists e di crew che poi avrebbero fatto la storia di questo ambito, ci troviamo in una situazione molto diversa, i muri sono pieni di tag di gente che non disegna quasi mai e che attraverso il tagging compulsivo non fa altro che irritare il territorio (noi compresi) e ripetere senza senso un rito di illegalità egoistica, senza senso e senza messaggio. Ma siamo anche consci del fatto che molti, di quegli artisti ora lodati da assessori e curatori museali, proprio sui nostri muri hanno iniziato il loro, grande, percorso artistico. Sulle loro teste c’erano le stesse taglie, gli stessi discorsi, la stessa violenza verbale.
Si, perché noi lo vogliamo dire molto chiaramente: la legalità per noi, non è un elemento di analisi di questo discorso, perché al di la dei facili moralismi, difendiamo e difenderemo sempre la libertà di espressione, anche quando questa ecceda i limiti della legalità.
Per questo proviamo il vostro stesso fastidio quando vediamo il Teatro Comunale (giusto per fare un esempio) devastato di tag e di stupidaggini, di bottiglie e cartacce, ma il nostro, come quello di molti concittadini, è un disgusto verso il disprezzo dei beni comuni, lo stesso che ci ha portato nel 2008, assieme a molti bellunesi (si, più di 11) a cancellare la maggior parte delle svastiche e delle croci celtiche che comparvero (a decine, in pochi giorni) sui muri di Belluno. In quell’occasione, ma forse la memoria tradisce, non ci ricordiamo nessun immobiliarista sceriffo mettere taglie su quegli sporchi nazisti imbrattatori, non ci ricordiamo neppure se quella volta le Sezioni degli Alpini della Città diedero alcun contributo. Ma ci pare di no…
Strano anche non aver visto sollevazioni popolari durante le campagne elettorali o durante Giri di biciclette, auto e addii al celibato, ma ci rendiamo conto che “VOTA ORSO GRIGIO”, “PAB”, “ROMA NEMICA”, “GABRI RIPENSACI” e l’immancabile dose di peni stilizzati a corollario siano socialmente più accettabili e difendano valori ben più nobili di quelli di questi ragazzi. Chiaramente siamo ironici, perché è evidente che non si possano prendere sul serio tutti i deliri sentiti fin qui, ma siamo anche abbastanza navigati da sapere benissimo che sul tema DEGRADO si giocano intere campagne elettorali, soprattutto da parte di quelle soggettività che poco hanno da esprimere rispetto alla visione del territorio, se non il mantenimento dello stato delle cose attuale.
Si perché al di la delle taglie da far west, delle delazioni estorte col denaro, delle fototrappole e della spaventosa cifra spesa in videosorveglianza (400 mila euro, abbiamo letto) crediamo che la visuale sulla questione vada spostata leggermente.
Immaginiamo di poter chiedere al Comandante dei Vigili Urbani i video degli ultimi anni di tutte queste telecamere, cosa ci troveremo dentro, oltre ai 5 “boce” che hanno taggato il centro?
Forse, ci restituirebbero l’immagine di una comunità disgregata in cui sì il centro storico è vivo solo dalle 7 alle 19.30, in cui le periferie si svegliano, vanno a lavorare e vanno a dormire, vedremo un sacco di giovani under 35 prendere treni senza più tornare, vedremo bar pieni e piazze vuote, oltre al nostro meraviglioso paesaggio, nascosto ogni tanto da abbondanti colate di cemento grigio.
Forse, solo guardando da quella prospettiva potremo farci un paio di domande su che idea di territorio ci immaginiamo per i prossimi anni e forse partendo da li sarebbe più chiaro perché in una comunità che abbandona i propri spazi “comuni” il degrado prende forma, un degrado “comune” che da una parte ha la forma di una tag su un palazzo storico, dall’altra ha la forma dei patrioti del degrado, pronti a difendere il decoro, solo quando tocchi la loro santissima proprietà privata o peggio per puri scopi politici o di interesse.
Da parte nostra vorremo cogliere l’occasione al balzo per confrontarci con quella parte della città che è rimasta fuori dalla narrazione tossica di questi giorni, per rilanciare la nostra idea di “lotta al degrado” quella che da due anni ci sta portando a recuperare i volumi della ex Caserma Piave per restituirla alla città, sottraendola all’abbandono e alla speculazione, un progetto ambizioso che ancora prima di partire ha già prodotto enormi risultati, #clorofillaBL giusto per citarne uno a tema e che ben rappresenta il nostro punto di vista sulla questione.
Un progetto che l’anno scorso ha coinvolto la città in un mese di street art e di attività collaterali che ha portato il nome di Belluno fino all’altra parte dell’oceano. Grazie alla qualità delle opere e soprattutto grazie alla qualità dell’accoglienza che la ex Caserma Piave e i cittadini bellunesi hanno saputo costruire intorno ad artisti ed attivisti.
Attraverso quell’evento abbiamo avuto l’occasione di utilizzare il linguaggio della street art per parlare di riappropriazione degli spazi pubblici e per dimostrare, de facto, che questo territorio è in grado di accogliere e interpretare anche linguaggi diversi dagli sproloqui pieni di provincialismo. Un punto di vista che non vuole in alcun modo assecondare vandalismi senza senso, ma che anzi vuole indagare le forme dell’auto-organizzazione e della responsabilizzazione rispetto agli spazi pubblici.
Non vogliamo lasciare il dibattito pubblico a chi ha intenzione di rappresentare la nostra città come un posto dove sia più grave fare una tag che una centralina idroelettrica, per questo ci faremo promotori di un momento di confronto con chi, con noi, vuole costruire una risposta degna e condivisa che parta dal dibattito di questi giorni, ma che sappia costruire ragionamenti e iniziative per andare oltre.
La nostra lotta al degrado invece, sarà senza quartiere e la porteremo avanti con ogni mezzo: contro il degrado degli speculatori delle centrali idroelettriche, contro il degrado di un territorio in cui i “boce” sono costretti a rimanere chiusi in una valle per la carenza di mezzi pubblici, contro il degrado di un territorio senza rappresentanza in cui chi è furbo banchetta indisturbato sul nostro futuro, contro il degrado che deriva dall’avere un lavoro di merda, o non averlo affatto, il degrado di tutte le case vuote e degli affitti troppo alti, l’abbandono dei giovani,insomma non quel degrado funzionale di cui troppo spesso si riempiono la bocca quelli che hanno poco da dire.
Casa Dei Beni Comuni/Belluno